L’insufficienza cardiaca cronica è quella condizione in cui il cuore, dilatato o meno, ha una scarsa forza contrattile e pompa il sangue con fatica, questo porta ad una minore ossigenazione degli organi e dei tessuti, con alterazioni della circolazione periferica in tutti i distretti, del metabolismo della muscolatura scheletrica e conseguente ridotta tolleranza allo sforzo con comparsa di affanno. Inoltre tra i molti effetti ci sono alterazioni del sistema nervoso neurovegetativo ( quello che non è sotto il nostro controllo volontario), e neuro-ormonale.
In un editoriale comparso alcuni anni fa su European Heart Journal (*), il Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Pavia pubblicava un estratto di uno studio nel quale avevano analizzato le modalità del respiro naturale di 50 soggetti con insufficienza cardiaca cronica e 15 soggetti sani di controllo.
Un ampio gruppo di soggetti con insufficienza cardiaca mostrava una basso tasso di ossigenazione del sangue a riposo rispetto ai controlli con cuore sano. Lo studio consisteva nel sottopore i soggetti cardopatici ad un percorso pratico di esercizi yoga, nel corso del quale veniva loro insegnato il respiro controllato ed anche la respirazione yogica completa, che comporta oltre al controllo volontario del respiro una coordinazione della muscolatura diaframmatica e toracica in sequenza, nell’ambito dello stesso singolo atto respiratorio. Una parte dei soggetti coinvolti nel programma riuscirono a praticare un’ora di yoga tutti i giorni per 1 mese, seguiti da un fisioterapista dapprima in ospedale ed in seguito a casa.
Tali soggetti mostravano in solo un mese un piccolo ma significativo incremento della capacità di esercisio fisico ed una riduzione della sensazione di affanno durante gli esercizi, con incremento del tasso di ossigenazione del sangue a riposo. Gli esercizi di respirazione avevano inoltre modificato il “pattern” di base del respiro spontaneo dei soggetti rispetto a prima. Tali risultati erano ancora evidenti un mese dopo aver completato il percorso.
I benefici consistevano nell’aver aumentato la tolleranza allo sforzo, ridotto l’iperventilazione anomala da sforzo con miglioramento della diffusione dell’ossigeno nei polmoni e quindi maggiore eliminazione della CO2 accumulata, incremento del flusso di sangue in periferia durante l’esercizio con migliore ossigenazione dei tessuti, riduzione dell’attivazione del sistema simpatico ed incremento dell’attività vagale, migliore attività della muscolatura scheletrica.
L’attività respiratoria è un atto automatico che possiamo però anche controllare con la volontà, si modifica in relazione agli stati d’animo, accelera con ansia e stress e rallenta nel rilassamento, ma veicola l’energia vitale dell’individuo regolando l’assorbimento di ossigeno, il carburante per tutte le attività del corpo. Si può resistere per un pò senza mangiare e senza bere ma molto poco senza respirare!
Con lo yoga si “impara a respirare” in modo corretto e come dimostrato dallo studio, tutti possono praticare lo yoga e trarne beneficio, anche chi ha un cuore indebolito può, con esercizi adatti alle proprie esigenze e con la respirazione, migliorare la propria qualità di vita.
(*) European Heart Journal (1999) 20, 83-84